Formigoni riflette sulla partecipazione dei cattolici alla vita politica

Roberto Formigoni è nato a Lecco il 30 Marzo 1947. Laureato in Filosofia, comincia giovanissimo l’attività politica nelle file della Democrazia Cristiana. Nel 1975 fonda il Movimento Popolare di cui rimane presidente nazionale fino al 1987.

Nel 1984 è eletto al Parlamento europeo con oltre 450.000 preferenze, venendo confermato anche nel 1989 con 501.000 preferenze. Nel 1987 è nominato vicepresidente del Parlamento europeo, dopo essere stato Presidente della Commissione Politica. Nelle elezioni politiche del 1987 è eletto deputato ed entra a far parte della Commissione Affari Esteri.

È nuovamente eletto deputato nel 1992 e nel 1994; nel biennio 1993-94 Formigoni è sottosegretario al Ministero dell’Ambiente nel Governo Ciampi, incarico per il quale lascia il Parlamento europeo. Rieletto alla Camera nel 1994 nella XII legislatura è nominato membro della Commissione Esteri.

Nel 1994 la Dc si trasforma in Partito Popolare Italiano: Formigoni rimane al suo interno, aderendo alla corrente più moderata del partito, che si affermerà su quella progressista al congresso dello stesso anno, facendo eleggere segretario Rocco Buttiglione. Ma in un congresso del Partito Popolare Italiano, falsato dalla immotivata esclusione di tre buttiglioniani vince l’ala sinistra che sceglie l’alleanza con i progressisti.

Buttiglione e Formigoni il 23 Luglio 1995 fondano allora i Cristiani democratici uniti (Cdu) con segretario Buttiglione, di cui Formigoni sarà eletto presidente nel 1996. Nel 1998, quando Buttiglione accetta di entrare al Governo D’Alema diventando ministro, Formigoni – contrario a tale scelta – si dimetterà dal partito e fonderà i Cristiani Democratici per la Libertà (Cdl). Dal 1995 al 2013 sarà presidente di Regione Lombardia eletto per ben quattro mandati. Alle elezioni politiche del 2013 è eletto al senato nella lista de Il Popolo della Libertà.

La sua attività politica si conclude bruscamente con una condanna a 5 anni e 10 mesi di reclusione per corruzione. In conseguenza di tale sentenza, dal 22 Febbraio al 22 Luglio 2019 è stato recluso nel carcere di Bollate; a partire da allora ha scontato la sua pena agli arresti domiciliari.

In questi ultimi anni Roberto Formigoni, circondato dall’affetto di familiari e di amici, pur rispettando il silenzio impostogli, ha dato alle stampe, con Rodolfo Casadei, il libro autobiografico “Una storia popolare”, edito da Cantagalli.

È un testo che offre uno spaccato interessante su tante vicende della recente storia del nostro Paese. Al nostro giornale ha rilasciato questa intervista rispondendo alle domande senza reticenza e con quella chiarezza espositiva che pochi politici possono vantare. Gliene siamo grati.

È chiaro che da Tangentopoli in poi i tanti oppositori del cattolicesimo hanno lavorato per eliminare dalla vita politica coloro che ispiravano la propria azione alla dottrina sociale cristiana. L’obiettivo di espellerne i leader è stato raggiunto, ma non quello di annullare la presenza di milioni di credenti. Costoro potrebbero essere riaggregati?

«È la speranza mia e di altri, ma non è facile. L’aggregazione è un’esigenza fondamentale. In fondo ogni cristiano, almeno un cristiano il cui livello di fede sia abbastanza maturo, sa che è chiamato nella vita ad una testimonianza unitaria assieme ad altri credenti e la testimonianza unitaria è chiamata a darla nella totalità delle espressioni umane e della vita e quindi anche politica. Ma mi chiedo: quanti cristiani hanno questa coscienza?».

Quindi lei avverte in una certa parte di credenti, almeno in quelli che ha modo di frequentare, una voglia di riprendere posto nella vita politica.

«Si, direi voglia e consapevolezza; credo vi sia un legittimo desiderio presente nel cuore e nella testa di molti credenti, di tornare ad esprimersi sul piano sociale e quindi politico solidariamente, ritrovando quindi una sintesi tra quelle sensibilità diverse, ma che alla base hanno comunque valori condivisi. Certo gli avversari e gli oppositori del cattolicesimo hanno lavorato per eliminare dalla politica coloro che respirano i principi della dottrina sociale cristiana, ma anche per dividerli sull’interpretazione della stessa dottrina sociale cristiana».

L’antico giochino del “divide et impera” ha certamente funzionato, ma non è detto che i suoi nefasti frutti debbano essere perpetui.

«L’opera di unificazione dei credenti è complicata dopo anni di logorio per contrapporli. Per raggiungere l’obiettivo di riaggregarli è necessario un lavoro serio, una volontà vera, almeno da parte di un gruppo di cattolici che cominci a mettere insieme le persone con lo scopo, a poco a poco, di allargare la nuova realtà chiamando altri a prendervi parte».

Nelle elezioni del 1913 il Partito liberale, guidato da Giovanni Giolitti, mise a disposizione una nutrita quantità di seggi per i candidati cattolici, capeggiati dal conte Vincenzo Ottorino Gentiloni.

Il patto (informale) tra i due uomini politici consisteva in uno scambio che risultò poi reciprocamente favorevole. I cattolici avrebbero sostenuto i candidati liberali che si fossero impegnati a sottoscrivere un elenco di punti considerati irrinunciabili e in cambio avrebbero avuto un numero di seggi sicuri.

Il risultato che uscì dalle urne fu un grande successo per il Patto: i liberali ebbero oltre il 47% dei voti e su 508 seggi ne conquistarono 270. Di questi, 228 furono attribuiti a coloro che avevano sottoscritto gli accordi del Patto, mentre i deputati guidati dal conte Gentiloni ottennero 29 seggi (20 dell’Unione elettorale cattolica e 9 conservatori non aderenti al Partito Liberale).

Per le elezioni del Parlamento europeo del 6-9 Giugno 2024 non si potrebbe realizzare qualcosa di simile con Fratelli d’Italia?

«La domanda è certamente intrigante. Confesso che non avevo mai riflettuto su simile ipotesi e certamente avrebbe bisogno di essere approfondita. Osservo che le condizioni storiche sono molto diverse. Nel 1913 i cattolici venivano dal “non expedit” cioè dal divieto di partecipare alla vita politica salvo che nelle elezioni locali, se non ricordo male, imposto dal Papa come fedeltà alla Chiesa e quindi questa è una condizione che oggi non c’è. Da tempo la gerarchia cattolica e lo stesso Papa si astengono dal dare indicazioni elettorali. Allora il Papa, togliendo il non-expedit, indicò una via».

Perché i cattolici, rivendicando la propria laicità, si mostrano spesso non in sintonia con il pensiero della Chiesa, per esempio sui temi etici verso i quali è molto chiara?

«Oggi i cattolici hanno libertà di voto ma mi chiedo: quanti capiscono che il loro voto deve ispirarsi alla visione cristiana della vita? Quanti conoscono e quanti apprezzano la Dottrina sociale cristiana? E poi c’è un altro fattore: l’impedimento di natura esterna che ha escluso noi cattolici dalla vita politica».

È un dato di fatto, però, che i cattolici sembrano oggi molto tiepidi e meno convinti dei lori padri e nonni nell’affermare la propria identità.

«Non c’è dubbio che oggi vi sia, accanto alla pigrizia intellettuale, una incapacità complessiva dei cattolici di essere presenti non solo nella vita politica ma anche nella vita sociale. Quanti sono oggi i cattolici che parlano, in quanto cattolici, rivendicando la loro visione cristiana della vita, delle cose, del lavoro, dell’economia, della politica? C’è una forte responsabilità in negativo di cattolici nell’essere assenti dalla vita politica e dalla vita sociale in genere».

Non crede che per non essere considerati degli oscurantisti, dei retrogradi, anche i praticanti non abbiano più il coraggio, non solo di levare la loro voce, ma addirittura di dissentire?

«Esistono alcune figure di cattolici che parlano di ciò di cui dicevamo: dalla politica all’economia, dall’educazione all’impostazione della società, dall’irrinunciabile diritto che l’uomo ha della vita alla concezione sana di matrimonio tra uomo e donna.

Purtroppo però costoro si esprimono silenziosamente, quasi di nascosto rispetto al potere dominante che è frutto di una cultura anti-cattolica la quale ha espulso il cattolicesimo dal suo orizzonte di pensiero e ha anche intimorito molti credenti. Per tornare al “Patto Gentiloni” noto che a quell’epoca avevamo una forte componente cattolica che non partecipava alla vita politica obbedendo alle indicazioni del Papa, ma che era pronta a parteciparvi se quel divieto fosse stato revocato.

Vi era però una forte presenza cattolica che esprimeva la propria identità nella costruzione di tante opere sociali. Oggi mi pare che manchi questo. Quindi in qualche modo io sento la necessità di partire da qualcosa che stia prima della politica per poter ricostruire una presenza unitaria e politica».

Pare che Giuseppe Fioroni stia lavorando all’interno del Pd per convincere i cattolici del suo partito a lasciarlo e a costituirsi in gruppo autonomo, visto che la segreteria Elly Schlein ha nel programma una politica, senza se e senza ma, a sostegno della cultura lgbtquia+. Crede che il suo intento abbia qualche possibilità di riuscita?

«Pare anche a me che le cose stiano così. Non ho informazioni dirette, sento anch’io circolare voci su questa aspirazione di Fioroni. Credo che se lo facesse, lui o altri, il tentativo potrebbe avere un qualche successo. Non so quanto numeroso potrebbe essere il gruppo autonomo, ma certamente so anche, per conoscenze dirette, che diversi cattolici impegnati nel Pd o comunque impegnati a sinistra, soffrono per le posizioni della segreteria Schlein, nettamente spostata sulla sinistra estrema; e ancor più patiscono per la condotta sulla cosiddetta questione antropologica. Con Schlein il Pd è diventato, ancora di più rispetto al passato, il partito radicale di massa di cui parlava il filosofo Del Noce, il partito dei diritti individuali, il partito del “io posso, quindi è lecito”. Posso avere un figlio con la maternità surrogata, quindi è lecito che io lo faccia; e tutto questo deve essere scritto in legge. Riguardo a questo è naturale che vi sia perplessità in alcuni cattolici militanti nel Pd».

A Marzo 2024 lei avrà chiuso il conto con la giustizia, salvo le diminuzioni e le riduzioni previste dalla sua buona condotta, il che anticiperebbe la conclusione all’autunno prossimo. Ci sono molte persone che hanno mantenuto una positiva opinione, oltre che sulla sua persona, sulla sua attività di politico capace di fare gli interessi delle comunità di cui è stato alla guida. Penso alla Regione Lombardia, dove ci sono persone che tuttora hanno un buon ricordo e dicono: “Ah ci fosse ancora qui Formigoni!”. Non se la sentirebbe di riprendere il cammino interrotto, magari tornando in quel Parlamento europeo oggi così poco incline a tutelare e a promuovere gli interessi dei tanti popoli che dovrebbe rappresentare?

«Le confermo che, sì, è vero, ci sono molte persone che hanno mantenuto una buona opinione della mia persona e della mia attività politica. Di ciò ho riscontri quotidiani. Sono “vittima”, mettiamolo tra virgolette ed ironicamente, di uno stalkeraggio di persone, non solo di amici vecchi che mi hanno conosciuto ai tempi in cui ero al Parlamento Europeo piuttosto che al Parlamento Italiano o in Regione Lombardia, ma di gente che ho conosciuto negli ultimi anni e mesi, che mi incitano a candidarmi».

Vuole dire persone comuni che incontra nonostante viva appartato ormai da anni?

«Guardi, si tratta di gente di ogni gruppo sociale, ma anche di alcune persone che hanno responsabilità nel campo dell’impresa, dell’industria, dell’università, dell’economia le quali mi dicono: “Formigoni è giunto il momento di pensare ad una tua ripresentazione nella politica italiana, la prossima occasione sono le elezioni europee, quindi…”. Queste continue sollecitazioni a cui sono sottoposto mi fanno pensare. Di fronte ad un fenomeno di questo tipo ritengo doveroso non fare spallucce, ma pensarci».

Quindi La vedremo all’opera in una nuova campagna elettorale?

«La mia risposta in questo momento è “no”. Anche perché intendo prima concludere il mio iter con la giustizia e lasciare passare questi pochi mesi che mancano al definitivo superamento di quel capitolo che ho sopportato, come uomo delle Istituzioni, senza mai ribellarmi, sottoponendomi a tutto, nonostante mi sia sempre dichiarato innocente rispetto a fatti che mi sono stati addebitati. L’ ho detto a voce alta e lo dico anche nel corso di questa intervista: sono innocente».

Non insistiamo, ma stiamo parlando di elezioni che si terranno tra un anno e, in politica, dodici mesi sono quasi un’era geologica. Chissà quanti eventi si succederanno e Lei potrebbe trovarsi ad essere richiamato in servizio. I generali non vanno mai in pensione, figuriamoci quelli a quattro stelle, come lei.

«Non lo prenda come un rimprovero, ma le ho già detto, che in questo momento, la risposta è “no”, proprio per rispetto a quelle Istituzioni che ho sempre onorato. Certamente, siccome si vota tra il 7 e il 9 Giugno 2024 – con tutta probabilità domenica 9 Giugno – e a quel giorno manca più di un anno, quando avrò terminato questo mio rapporto con i doveri della giustizia, la mia riflessione sarà più libera e ci rifletterò più approfonditamente e seriamente».

Scusi, Formigoni, ma fin dal 1976, quando lei aveva da poco compiuto 29 anni, il gesuita padre Angelo Macchi, direttore di “Aggiornamenti sociali”, in una pausa dei lavori del convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana”, pronosticò che lei sarebbe stato un leader del movimenti cattolico. La previsione fu azzeccata. La politica è nel suo Dna. Sbagliamo?

«Si fa politica in molti modi. Da tempo sto riflettendo su ciò che potrebbe essere più utile alla causa dei cattolici. Vorrei mandare avanti quel progetto di scuola politica di cui ho parlato in questi ultimi tempi con alcuni amici. La mia casa è spesso piena di gruppi di dieci, quindici persone, giovani e meno giovani, con le quali si discute di politica e di che cosa si potrebbe fare.

Una scuola sarebbe una stabilizzazione e un ampliamento di tale progetto. Mi sono spesso domandato: è più utile che mi dedichi a tempo pieno ad una cosa di questo tipo, quindi a formare, ad aiutare la formazione di nuove persone che entrino in politica, o è più utile che dedichi il mio tempo a candidarmi al Parlamento Europeo?».

Beh, Fanfani, Moro, Leone, insegnavano all’Università e facevano politica a tempo pieno. Non crede che anche lei saprebbe fare altrettanto?

I parlamentari europei avranno pure qualche spazio per gestire situazioni collaterali al loro impegno, o no?

«Non posso darle torto. La prossima legislatura europea sarà particolarmente gravosa perché sarà dominata dall’ipotesi di un’accordo elettorale tra Partito Popolare Europeo, Conservatori e Liberali. Da tale accordo dovrebbe nascere una maggioranza, che possiamo chiamare di centro-destra in similitudine con quello che accade in Italia (anche se i liberali europei non sono proprio uguali ai liberali italiani), la quale sarà chiamata a decidere su questioni molto rilevanti. Per esempio: a che punto sarà la guerra in Ucraina?»

Senza rendersene conto, lei sta già ragionando come un deputato europeo della decima legislatura, quella del 2024-2029…

«Sto meditando a voce alta, come sento mio dovere. Comunque la guerra in Ucraina ha detto con chiarezza agli Europei che l’ombrello americano andrà restringendosi sempre più; quindi ci sarà d’affrontare la questione della difesa comune. Ci sarà poi il tema vastissimo dell’intelligenza artificiale di cui alcuni ricercatori hanno cominciato ad evidenziare i possibili pericoli e il problema della trasformazione del Parlamento Europeo. Oggi sappiamo che prevalgono i governi piuttosto che i rappresentanti dei popoli».

Insomma prevede un quinquennio effervescente, ci pare di capire.

«Sarà estremamente interessante ed impegnativo dove si giocheranno molte questioni che avranno a che fare con la coscienza cattolica e con l’abilità dei cattolici di presentare le loro istanze. D’altra parte, c’è anche la prospettiva di questa scuola per formare altri che si lancino nell’avventura parlamentare. Ho ancora qualche mese per approfondire. Mi sto confrontando con delle persone. Vedremo. Chiediamo aiuto al Signore. Preghiamo perché non illumini solo me, ma tutti noi per capire quali possano essere le vie migliori. Come nel 1913 immagino ci sia stata una preghiera, una riflessione, altrettanto dovrebbe esserci ora una supplica corale al Padre Eterno per capire quale possa essere la strada migliore da intraprendere».

Gran parte del clero cattolico, oltre che anagraficamente anziano, appare timoroso e poco propenso a gridare dai tetti le verità di cui è portatore. Ma della Chiesa, seppure un po’ disorientata, fanno parte anche i laici credenti che, tra l’altro, sono la maggioranza. Ecco, non ritiene che proprio a questi ultimi spetti il compito di riaffermare la presenza cristiana, in un momento, tra l’altro, in cui è in atto un convulso riassetto geopolitico mondiale?

«Certamente ai laici spetta un compito particolare che è tutto loro. Pensiamo soltanto alla Dottrina sociale elaborata dai Papi e seguita da tanti preti. Pensiamo uno su tanti, don Luigi Sturzo che, poco più di cento anni fa, diede vita ad un partito politico con il benestare della gerarchia.

Concordo con lei che i laici cattolici hanno un compito importante e decisivo e spetti soprattutto a loro in questo tempo prendere una decisione. Concordo totalmente anche perché la Chiesa, giustamente ed inevitabilmente, si è ritagliata un ruolo sempre più “spirituale”, un ruolo in cui richiama i valori fondanti dell’uomo. I laici cattolici, quindi, devono essere i promotori di una battaglia per difendere e promuovere pubblicamente nella politica questi valori. Ho ancora in mente quanto avvenne al primo Family Day promosso nel 2007 dal cardinale Camillo Ruini a Bologna. Senza il suo straordinario apporto e quello dell’intera Chiesa non ci sarebbe stata quella mobilitazione del mondo cattolico che tanto impressionò e che se opportunamente sollecitato potrebbe ancora vivificare la nostra società intorpidita e ammorbata dal dominante pensiero unico».

La scomparsa di Silvio Berlusconi, che soprattutto grazie a lei ha raccolto tanti consensi nel mondo cattolico, potrebbe aprire nuovi scenari e facilitare l’ascesa di una élite, dentro Forza Italia, fortemente connotata in quanto portatrice dei valori della Dottrina sociale cristiana?

«È troppo presto per capire cosa sarà di Forza Italia, Berlusconi è morto da troppo poco tempo. Tuttavia la presenza pacata di cattolici in FI fu numerosa e la leader di FdI Meloni ha più volte manifestato attenzione per i nostri valori. Vogliamo essere protagonisti del futuro o accontentarci, pavidi, che altri li usino?

didascalia: Roberto Formigoni

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